domenica 27 dicembre 2015

domenica 20 dicembre 2015

Bomarzo




venerdì 11 dicembre 2015

giovedì 10 dicembre 2015

Yehoshua - La comparsa


Ho appena finito di leggere l'ultimo libro di Abraham Yehoshua, s'intitola La comparsa.
Yehoshua è il mio scrittore preferito, quando esce un suo libro corro a comprarlo e so che per due o tre giorni, mentre lo leggerò, sarò felice.
Perché? Perché Yehoshua ti lascia in bocca il sapore dei classici.
In ogni suo libro è capace di creare un mondo, ogni particolare fa parte di un intero ben raccontato o suggerito.

Perciò sono andata ad acquistare il suo libro (cartaceo, voglio precisare. i libri belli voglio leggerli solo su carta), l'ho finito in un batter d'occhio, perché era più breve degli altri testi cui ci ha abituati.

Sono d'accordo con quanto scritto da molti, e cioè che in questo libro c'è meno mondo, la prospettiva è molto più ristretta. E tuttavia la qualità della scrittura di Yehoshua è ineguagliabile.
E' la storia di Noga, un'arpista israeliana che suona in un'orchestra olandese, che torna a Gerusalemme dopo la morte del padre, perché c'è la necessità di tenere occupata per 3 mesi la casa dei genitori, mentre la madre fa un (inutile) periodo di prova in una casa di riposo a Tel Aviv, vicino alla casa del figlio.

Suo fratello, per aiutare Noga a mantenersi durante questo periodo, le procura dei ruoli di comparsa in varie fiction.
Assistiamo alle discussioni di Noga  con la madre ed il fratello. Discussioni che mi hanno colpita, molto accese, taglienti, sembrano vere.
Il fratello la rimprovera di essersi allontanata da Israele, lasciando a lui il compito di accudire i genitori. Per fare che, poi? La suonatrice di arpa che, secondo lui, non è uno strumento così importante in un'orchestra, e che l'ha costretta ad emigrare perché non è riuscita a trovare lavoro in patria.

Ma soprattutto, sia la madre che il fratello la rimproverano di non aver voluto dare un figlio al marito, per di più abortendo a sua insaputa.
Addirittura la madre la esorta a rivedere l'ex marito, che nel frattempo si è risposato ed ha avuto 2 figli, e a procreare un figlio con lui.
In questo modo darebbe a lui la giusta gratificazione un tempo negatagli e, contemporaneamente, lascerebbe un segno di sé nel mondo.(dementi?)


Nel corso del libro avremo poi modo di conoscere anche il marito, che s'intrufolerà in una delle fiction a cui partecipa Noga, e che a me ha fatto l'effetto di un quasi-stalker.

Nel romanzo è posto in rilievo anche il fenomeno dell'aumento degli ultraortodossi nei vari quartieri.
Vedi anche le situazioni in cui Noga trova più volte in casa due ragazzini figli appunto di ultraortodossi che, rischiando la vita, arrampicandosi ad un tubo si calano dalla loro casa in quella di Noga, pur di vedere la televisione, che è
proibita dalle loro regole.


Leggendo le discussioni tra Noga, madre e fratello ho pensato che Yehoshua avesse voluto delineare dei personaggi con una grande chiusura mentale.
Per curiosità e per confrontare le mie opinioni con quelle di altri lettori e critici, sono andata a leggere le molte recensioni al libro.
Vi si parlava del dibattito suscitato in Israele dalle frasi con cui l'autore parlava delle donne che decidono di non avere figli. 
Per Yehoshua, se ne ricava, una donna che decide di non avere figli non solo è un'egoista che si condanna all'irrilevanza, ad un ruolo di comparsa perché non lascerà traccia di sé nel mondo, ma addirittura  interrompe il ciclo della natura

Quindi la vita di una donna, per Yehoshua,  trae un senso solo dall'essere madre, e inoltre non generare figli equivale anche a sottrarsi ad un compito naturale.

Sono rimasta esterrefatta: una donna ha valore solo in quanto madre (quindi non c'è scelta per una donna); poi si parla di ciclo della natura (e il ruolo dell'evoluzione culturale?)

P.S.Le posizioni di Yehoshua fanno forse riferimento anche al fatto che i Palestinesi sono molto prolifici, mentre gli Israeliani fanno sempre meno figli.



lunedì 7 dicembre 2015

San Galgano, suggestioni






Scioperi e natura umana


Venerdì scorso 4 dicembre, sono stata costretta a recarmi a Roma per un appuntamento medico imprescindibile. Non ne ero contenta perché c'era lo sciopero dei mezzi pubblici.
Mettiamo tra parentesi la domanda sul perché si scelga sempre il venerdì.

Al ritorno dalla visita, mi sono trovata insieme a tante altre persone ad attendere sulla banchina sperando che non tutti gli autisti avessero deciso di scioperare. Tutto sommato mi è andata abbastanza bene.
Una cosa però mi ha colpita negativamente. e cioè il comportamento di molti tra noi utenti.

Chiaramente i mezzi pubblici erano molto più affollati del solito e quindi, cosa bisognava fare? 

Cercare di mettersi lontano dalla porta di uscita, per far spazio a chi doveva entrare.
E invece ogni persona che saliva sul tram si trovava ad affrontare  la difficoltà di salire perché tutti si concentravano sulla porta d'ingresso.
Quando poi capitava a loro di dover far spazio
permettendo ad altri di salire, non lo facevano. Perché?
Mi è capitato di vedere una signora anziana col bastone a cui non è stato permesso di salire perché nessuno si è fatto un po' indietro.


Per un momento ho pensato una cosa un po' antipatica: se fossi stata quell'anziana signora, forse...gliel'avrei sbattuto addosso il bastone.
Scusatemi per quello che ho detto, e spero di non cadere mai concretamente in questo tipo di reazione. 

A guardare dall'esterno, sembrava che la gente ci prendesse gusto, come se pensasse: io ce l'ho fatta e chissene per gli altri.
Sarò un po' esagerata ma ho avuto un altro pensiero: e se ci fosse una guerra? Questo tipo di comportamenti sarebbero ancora più pericolosi in situazioni critiche.
Perché sembra essere così difficile la condivisione e la solidarietà? Capita a tutti a volte di fare un gesto utile o gentile per un altra persona e di sentirsi felici per lo sguardo che ti rivolge l'altro.





domenica 6 dicembre 2015

suggestioni







La Mafia e l'Isis


Secondo quanto si è letto sulla stampa, nel sud d'Italia i cittadini dovrebbero essere al riparo da attentati dell'Isis. Come mai?
Per la presenza della Mafia, che non gradirebbe infiltrazioni di altro tipo nei territori da lei controllati.
Capito? I cittadini del Sud dovrebbero dire grazie alla Mafia e non allo Stato per la loro protezione. 
Ma che Nazione è la nostra?



Le crete in Val d'Orcia







Presepi e crocifissi


Non penso che l'accoglienza di persone che per vari motivi vengono in Italia, lasciando il  paese d'origine, debba essere per noi motivo di rinunciare a feste o tradizioni. Con la scusa che si potrebbe offendere la sensibilità di persone di altre culture e religioni.

E tuttavia in questi giorni, soprattutto la Destra e la Lega, hanno fatto molta cagnara sul rifiuto di un Preside di una scuola elementare di fronte alla richiesta di due mamme di introdurre nell'orario scolastico dei canti religiosi per Natale.

Si è tirato in ballo anche il crocifisso che nella totalità o quasi delle scuole statali è esposto alle pareti.


Il crocifisso è un simbolo molto chiaro di appartenenza alla religione cattolica. Esporlo rappresenta simbolicamente che la Chiesa cattolica prende culturalmente possesso di quella scuola.
Ora, questo è inaccettabile.
In una
scuola statale, espressione dello Stato laico, dovrebbero, cioè devono stare sullo stesso piano non solo tutte le religioni, ma anche l'ateismo.
Quindi no al crocifisso, no alla connotazione religiosa di una scuola statale. 

Ho letto da qualche parte che don Milani, quando andò ad insegnare religione in una scuola pubblica, per prima cosa tolse il crocifisso dalla parete. E se non era un vero credente lui...

Fare l'albero di Natale o il presepe a scuola non mi sembra la stessa cosa che esporre il crocifisso.
E inoltre perché non parlare a scuola, in questo periodo, delle tradizioni nostre e altrui? Diventerebbe un'occasione di confronto e maggiore integrazione, nell'ottica di uno scambio culturale.
 Personalmente penso chel'albero di Natale o il presepe siano diventate più che altro delle occasioni giocose.



Corciano, suggestioni




L'utero in affitto

Nei giorni scorsi c'è stata un'accesa polemica tra le femministe di Senonoraquando, che hanno lanciato un appello contro la maternità surrogata e l'onorevole Scalfarotto.

Mi sembra positiva questa polemica perché porta alla luce qualcosa di non molto chiaro. Cerco di spiegarmi:
Senonoraquando si dice contrario all'utero in affitto, una pratica per cui una persona che ne ha le possibilità ne paga un'altra, naturalmente donna, perché porti avanti una gravidanza e poi gliene consegni il frutto. 

Scalfarotto ha accusato le femministe dell'associazione di minare la proposta di legge Cirinnà per le unioni civili.
In soldoni: tirando in ballo la questione dell'utero in affitto, si rinsalda l'opposizione dei parlamentari di ispirazione cattolica, contrari alla legalizzazione delle unioni omosessuali.


Ora, sul fatto che questi ultimi, per i quali l'omosessualità è un'inclinazione disordinata, sfruttino ogni occasione per bloccare il riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali, non c'è alcun dubbio.
E tuttavia mi sembra che riguardo alle unioni omosessuali di 2 uomini ci sia un problema da chiarire che si tende ad occultare.
Come fanno due uomini a generare un figlio? Nessuno dei due, chiaramente, può portare avanti una gravidanza, e quindi in molti casi si ricorre all'utero in affitto, pagando una donna per questo servizio.
Questa mi sembra un'aberrazione in molti sensi.


Voglio chiarire la mia posizione.
Penso che omosessuali ed eterosessuali facciano entrambi parte della normalità.
Inoltre sono entrambe categorie di cittadini a cui lo Stato laico deve assicurare gli stessi diritti, tra cui il matrimonio civile.

Così penso che anche coppie omosessuali possano allevare figli, se lo desiderano. Basta assicurare alle coppie gay, la possibilità di adottare.

Notizie delle ultime ore: Sembra che il PD si stia mettendo d'accordo non Ncd, destra e cattolici, per far votare a tutti il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, rinunciando alla stepchild adoption.
Cos'è la stepchild adoption?  E' il poter considerare genitore adottivo il compagno di una persona che ha un figlio. In questo modo, se venisse a mancare il genitore genetico, il o la bambina non finirebbe in orfanotrofio.



martedì 1 dicembre 2015

Roma, Mercati di Traiano


Giov